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Il libro
Un romanzo d’amore narrato da un ragazzino di otto anni che, grazie o a causa della sua “anomalia”, turba e disturba. Burt è vittima della stupidità degli adulti che trasformano i suoi sogni in sintomi clinici e il suo amore in attentato. Per quello che è accaduto fra lui e Jessica, precoce e deliziosa compagna di scuola tutta sguardi torbidi e ammiccamenti, il protagonista viene rinchiuso in un istituto di neuropsichiatria infantile. E qui, sulle pareti della Stanza del Riposo dove viene confinato alla minima infrazione, egli ci racconterà la sua storia avvincente, sconvolgente e struggente. Una storia da ridere o da piangere, narrata in una lingua spogliata da qualsiasi orpello con cui per lo più la società degli adulti e dei buoni sentimenti ama infiorare e travestire l’essenza pur di non farla trapelare. La lingua di Burt è la lingua dell’innocenza, la lingua dell’uomo e dei suoi valori più veri prima del “peccato”, prima della comparsa di quel pensiero logico-raziocinante e onnipervadente che ha esteso la sua legge fino a renderla assoluta e unica. Burt si riprende quanto gli è stato tolto: l’altro mondo, quello del gioco, del sogno, del mistero, del non detto, della poesia, del sottosuolo, della trasgressione; quel mondo, insomma, che adulti assennati e genitori hanno strategicamente confinato in spazi precisi, controllabili e marginali, quasi a voler codificarne e ufficializzarne la rimozione. Il sonno della ragione produce mostri, ma, come dimostra il protagonista di questa vicenda, né li sa eliminare né recuperare alla sua logica. E questi diabolici figli dell’oblìo riemergono a ogni piè sospinto a ricordare al mondo che, al di là di tutte le logiche razionali e ineccepibili, di tutte le scuole e di tutta la psichiatria, l’amore e la poesia amano annidarsi spesso tra loro e privilegiarli quali custodi del nonsenso più liberatorio.
Time: «Il pungente ritratto dell’infanzia di Buten è diventato un classico in Europa. In Francia ha venduto milioni di copie ed è stato salutato come il Giovane Holden francese.»
New York Times Book Review: «Howard Buten ci offre l’indagine della mente di un bambino. Queste sono le parole di un narratore innegabilmente dotato.»
Time: «In questo classico moderno di uno dei più amati scrittori contemporanei in Francia, Howard Buten restituisce, con stupefacente introspezione e linguaggio, la storia di un bambino disturbato – o forse perfettamente normale – mettendo in discussione i confini dell’amore e della vita.»
Publishers Weekly: «È un romanzo degno di attenzione della tragedia che può risultare quando bambini e adulti falliscono nel comprendersi a vicenda […]. Questo racconto psicologicamente intenso ha un ritmo veloce, e il difficile intento di ricreare la voce di un bambino con autenticità e profondità ci dà la prova che Buten è dotato come letterato di stile e narratore.»
Greg Eden, The Bookseller: «Questa è la storia di Burt così come viene scritta con una matita sui muri del Centro di neuropsichiatria infantile. Una rara e brillante evocazione del sistema mentale di un bambino.» |
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Howard Buten Quando avevo cinque anni, mi sono ucciso Traduzione di Tiziana Tosolini Cover Gilbert Raffin 2009, NT 1, 210x140 pagine 194 euro 14,50 Isbn 978-88-8003-331-8
Howard Buten, americano di Detroit dove è nato nel 1950, conduce una vita organizzata su tre fronti. Il primo, quello di Buffo, il clown, figlio di Grock, timido, curioso, naif, nato nel 1974 in un piccolo circo americano, che strabilia e affascina a ogni rappresentazione. Il secondo, quello del dr. Buten, lo psicologo che dirige il Centro Adam-Shelton, dove tenta di comunicare con i bambini autistici a sentirsi meglio nel loro corpo e nella loro anima. Il terzo, infine, quello di Howard Buten il romanziere, che ha scritto libri bellissimi e commoventi. Nel 1991 è stato nominato Chevalier des Arts et Lettres, la più alta onorificenza per le arti e le lettere in Francia. |
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Vedi anche:
Mister Butterfly Il cuore sotto il rullo compressore La notte delle stelle
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