Ricerca con Google
  Condividi su Facebook
Webmaster Desirée Perondi
Book Trailer
Officina Tranchida
Collegamenti
Roberto Betz
Libri
Autore
Howard Buten
Italia
Marco Ceruti
Ceruti home page
Ceruti blogspot
Suzanne Dracius
écrivain(e)
L’altra che danza
Fulvio Fiori
Autore
Tutta colpa dell’innocenza
Rogelio Iriarte
Italia
Edorta Jimenez
Italia
Yashar Kemal
Italia
William McIlvanney
Libri
George Mackay Brown
Autore
Shahrnush Parsipur
Facebook
Ibrahim Souss
Italia
Storia politica di ETA e dei Paesi Baschi
Facebook
Tranchida Book Trailer
Facebook
L’altra che danza
Conversazione con Suzanne Dracius

Dal punto di vista letterario, quali sono le sue influenze? Sappiamo che ama molto Aimé Césaire, il più grande poeta martinicano; si ritrova nel verso finale di una delle sue poesie più celebri: “Negro sono, negro resterò”? Come vive, lei per prima, il suo essere meticcia?

Césaire è, sicuramente, per me, un padre spirituale. Ammiro il poeta e mi intendevo bene con l’uomo. La mia scrittura gli deve molto, e Césaire mi faceva l’onore e il piacere di apprezzarla: le letture reiterate dei miei libri gli lasciarono dei segni notevoli, «pagine con pieghe di un’unghia zelante, gravide d’annotazioni, copertina consumata da mani impazienti: “a book that has been loved” (l’amore di un libro si misura per il grado della sua consumazione)» come ha notato nello scrittoio di Aimé Césaire l’universitaria americana Yolande Helm. Certo che mi riconosco nella formula césairiana, benché apportandovi le mie sfumature di kalazaza, meticciandola ai miei propri concetti. A qualche mese di distanza ho perso i miei due padri: il mio vero padre, Osman Dracius, e il mio padre poetico, Césaire. Ma queste ombre, le voglio tutelare, senza tristezze, come fossero frasi galanti incise all’ombra dei piedi dei tronchi, al limitare della foresta tropicale umida. Mi voglio verticale come il negro di Césaire, «in piedi, i capelli al vento». Negra in piedi, donna in piedi come le felci arborescenti sugli altipiani di Balata, a braccare le mie tracce sulla Traccia – il percorso in cui Césaire e Suzanne, sua moglie, venivano a cercare ombra, attingendo alla fonte di una «clorofilliana creazione» ascensionale, sensazionale, come la idealizzo in “Scalinata per il cielo”. Con Césaire condividevo una complicità di professore di Lettere Classiche, di ellenisti e latinisti, di “negri greco-latini”. Ma donna sono, donna resterò, qualsiasi cosa ciò abbia a costarmi. Donna, femmina, ecco come vivo me stessa, in quella che chiamo la mia femminitudine, inventando tale neologismo con lo stesso suffisso -tudine come in negritudine, caratterizzando uno statuto assunto. Non voglio che mi si sciupi il piacere d’essere donna. Mi piace sognare, da kalazaza latino-creola, delle kala kagatha, delle cose belle e buone create da una poesia femminile al femminile plurale, legata a quel neutro plurale del greco, ove la misoginia non avrebbe posto. La mia femminitudine è intrinsecamente intrecciata al mio meticciato. In relazione non solo con autori come Césaire, incontrato nel corso della mia vita, ma anche in relazione intertestuale con scrittori morti, fino alla più alta Antichità; mi piace entrare in comunicazione, per esempio, con Terenzio, il primo grande scrittore africano, Terentius Afer (“Afer” significa “l’africano”), schiavo originario di Cartagine, che divenne, una volta affrancato, uno dei più grandi scrittori latini, colui che arricchì la letteratura latina di frasi come «Homo sum, a me nihil humanum alienum puto» («Sono uomo, niente che non sia umano mi è straniero»), formula di un bell’umanesimo che ha fatto il giro del mondo. Tengo a smarcarmi dal rimprovero fatto agli scrittori caraibici di non parlare che dei Caraibi. Non solo sono una “pendolare” tra due isole, la mia isola natale, la Martinica, e l’Île-de-France, ma la mia scrittura si nutre dell’intero mondo, passato e presente, del meticciato e dei viaggi, ivi compresi nella pelle degli uomini. (Uno dei più graziosi complimenti che abbia sentito, è quello di un uomo martinicano che dice di essersi riconosciuto, ritrovato, nel più profondo dei suoi pensieri, in uno dei miei personaggi maschili.)

In L’altra che danza lei racconta molte usanze dei paesi delle Antille, non solo, ma anche credenze, superstizioni, aneddoti orali che riporta per voce di “man” Cidalise. Che importanza ha questo bagaglio di “tradizione magica” per chi è originario di quei luoghi? E soprattutto per le nuove generazioni che convivono con essa?

Ascolto molto. Osservo, accumulo e prendo note, quasi da niente, quando le persone parlano. Vi è qui un perfetto sincretismo religioso che mescola cristianesimo fervente e superstizioni pagane di origine africana, il quimbois, magia antillana che essa stessa è la mescolanza tra vari riferimenti alla religione cattolica (la Madonna, ma nera, le candele, ma non bianche, nere; l’incenso, ecc.). Benché tutto questo sia sorpassato, non appena incombe la sfortuna, le persone, anche tra i giovani, non trovano più tutto ciò obsoleto. Per esempio, un ragazzo è capace di comprare una superba grossa macchina di lusso all’ultimo grido; per poco che essa sia stata incidentata, anche per una semplice graffiatura, decreta che deve proteggerla, la fa benedire da un prete e ci mette dentro una medaglia di san Cristoforo, il santo patrono dei viaggiatori. In una conversazione, lo stesso uomo iper-moderno può dirti di non essere superstizioso, ma impiega gli stessi rimedi ancestrali per sfuggire alle maledizioni. Ufficialmente, la Martinica è molto cattolica, alcuni, adesso, sono atei, forse agnostici, ma malgrado il trascorrere del tempo e la modernità, le persone sono comunque legate a queste credenze, che sopravvivono inconfutabilmente. E tutti ci marciano, compreso il prete che, pur sapendo che non si tratta a ragione di un essere umano ma di un semplice oggetto, accetta di benedire la bella macchina di lusso e la medaglia di san Cristoforo. Il mito, quasi una variante creola del mito di Faust, del fare un patto con le Tenebre resta sempre presente nell’immaginario collettivo, è un fantasma al quale si aggrappano gli spiriti deboli: essere “in pegno”, cioè impegnato col diavolo. Ancora oggi, quando qualcuno non ha successo e la sua vita è piena d’ostacoli, dichiara: «Yo fè mwen mal» (mi hanno fatto del male). Ma tale attitudine irrazionale non impedisce allo stesso individuo di mostrare un comportamento perfettamente razionale, logico, ragionevole e coerente nella condotta dei propri affari. Ciò che caratterizza la società caraibica, dalla Giamaica alla Martinica passando per Cuba, Haiti e Porto Rico, è la paura del che-cosa-diranno-gli-altri, dello smacco visibile, è il peso e l’importanza dell’occhio del mondo. Un mulatto importante un po’ squattrinato dichiarava: «L’importante non è avere i soldi, è lasciar credere alle persone che ho i soldi e tutte le porte si aprono come per incanto.»
[«][2][3][4][5][6][»]
Suzanne Dracius
Suzanne Dracius
L’altra che danza
Traduzione di Leonarda Oliveri
Cover Marco Ceruti
2010, NT 5, 210x140
pagine 269
euro 16,00
Isbn 978-88-8003-335-6

Poetessa, drammaturga e narratrice, Suzanne Dracius (Fort-de-France, 1951) ha diviso la sua vita fra la Martinica e Parigi. Laureata in Lettere Classiche alla Sorbona, ha insegnato a Parigi, all’Université des Antilles-Guyane in Martinica fino al 1996 e negli Stati Uniti come “visiting professor”.
Rivelazione letteraria grazie al romanzo L’altra che danza, finalista al Prix du Premier Roman 1989, il suo corpus include due poemi in creolo con traduzione francese; la raccolta di racconti Rue Monte au Ciel (2003, campione di vendite); saggi storici e il “fabulodramma” Lumina Sophie dite Surprise (2005). È curatrice di antologie (Premio Fètkann Mémoire du Sud/mémoire de l’humanité 2005). Per la sue raccolta di poesie, Exquise déréliction métisse (2008) le è stato conferito il Prix Fetkann 2009. Le sue opere sono tradotte in più lingue e studiate nelle università di tutto il mondo.
I contenuti presenti in questo sito sono di proprietà di Metromedia Tranchida Editore Srl.
In alcuni articoli, è fatto uso di immagini provenienti dal web e fruibili liberamente. Per ogni richiesta e/o segnalazione, Vi preghiamo di contattarci.
Sono consentite citazioni dei singoli articoli, purché accompagnate dall’indicazione della fonte.